Studiare comunicazione, l'intervista

Scienze della comunicazione è un mondo formativo – professionale variegato e che necessita di consapevolezza e conoscenze, prima di essere affrontato.

Vediamo il percorso di Silvia Zanella, Marketing e Communication Manager presso l’Adecco Italia

Quali furono le motivazioni che la spinsero ad iscriversi a Scienze delle Comunicazione?

Ho sempre voluto fare la giornalista e, in particolare, occuparmi di divulgazione e comunicazione. Già nei primi anni di liceo, grazie alla presenza dei punti Informagiovani e dei docenti delegati all’orientamento (sembra strano a dirsi, “all’epoca”-  anni ’92- ’97.  non c’era Internet) venni a conoscenza del corso di studi in Scienze della Comunicazione e fu amore a prima vista e, corrisposto.

Durante gli anni di università reputavo troppo teorici gli insegnamenti e avrei preferito una matrice più pratica, ma con il progredire della mia formazione ed esperienze professionali mi sono resa conto che la facoltà mi ha fornito degli strumenti essenziali per leggere ed interpretare la realtà in modo critico e ragionato.

Come si è svolto il suo percorso professionale? Come è entrata nel mercato del lavoro?

Il mio approccio con il mondo del lavoro è avvenuto fin dai primi anni universitari. Collaboravo come cronista per i giornali locali e negli uffici-stampa di piccole e medie società.

Probabilmente ero facilitata dal fatto, che mi era ben chiaro quello che volevo: lavorare nel mondo della comunicazione. Quando dopo laureata, mi chiamò JobPilot, multinazionale tedesca pioniere in Europa nel mercato della ricerca di lavoro online, ero già in possesso di una discreta esperienza professionale nel settore dell’ufficio stampa e della comunicazione esterna.

In quegli anni (primi anni del 2000) oserei dire fino al 2005, la ricerca di lavoro online era futuristica. Proporre alle aziende un’inserzione on line costituiva davvero un’impresa pioneristica. Da JobPilot, passai a Monster come responsabile Marketing.

Marketing e comunicazione, due campi professionali diversi, ma in parte affini e complementari. Come è avvenuto il passaggio?

Nel mio caso, è avvenuto in modo naturale. Lavorando per aziende di piccole dimensioni, marketing e comunicazione si integrano e inoltre, bisogna considerare che in una società di servizi, il marketing assume un ruolo specifico, in cui la comunicazione è un elemento essenziale.

Monster in pochi anni si affermò e si consolidò sul mercato di ricerca del lavoro online. Quali  le chiavi del successo?

Sicuramente la combinazione felici di fattori esogeni ed endogeni. Nel 200-2007, le aziende ricorsero in modo massiccio all’utilizzo del recruiting digitale, basti pensare che nel 2007 avevamo 35.000 annunci, contro i 521 inziali di Jobpilot).

La visibilità sui giornali e in televisione crebbe in modo esponenziale. Da parte nostra, il contributo si può riassumere in un’opera di “evangelizzazione professionale”.

Sebbene parliamo di pochi anni fa, fu necessario “educare” (mi si passi il termine) all’uso del web, come ricerca del lavoro online, per le agenzie di mediazione de lavoro che con gli stessi organi di stampa. Un’intensa attività di media relation fu alla base del nostro operato.

Quanto è importante la presenza online nel mondo professionale attuale? Come evitare di rovinarsi la reputazione?

Allora, questa domanda mi permette di concludere il rapido excursus del mio percorso professionale. Dopo sei anni di servizi di “recruiting on line”, sentivo l’esigenza di valutare il rapporto tra inserimento nel mondo del lavoro e social network.

Accettai così la sfida di XING,  il business social network leader in Europa, che mi chiamò per lo sviluppo della piattaforma italiana. Sempre di più in me, si consolidava il concetto dell’importanza dell’identità professionale online, parimenti a quella offline.

Una trama delicata di contatti, di competenze e di esperienze che è necessario che abbiano un corrispettivo nell’agorà multimediale, sempre più protagonista della nostra vita.

La presenza online permette di delineare con maggiore accuratezza di dettagli l’immagine (forma e sostanza) che desidero trasmettere ai miei potenziali datori di lavoro.

Non si rischia una pervasività eccessiva del digitale nelle nostre vita o  si tratta di ri-modulare il nostro essere in modalità web?

Non mi riferisco a mera esposizione. Fondamentale, come nella vita analogica, amministrare e gestire la propria persona, separando i social ludici e privati, da quelle informazioni che riteniamo importanti per veicolare la nostra personalità professionale e umana.

Come noi andiamo a vedere “chi sono” le persone di nostro interesse professionali, così procedono le aziende nella ricerca del personale.

La via del recruiting in un prossimo futuro si svolgerà sempre di più, come primo approccio, sui canali telematici. Già adesso, molte aziende (di media e grande dimensione) danno per scontata l’iscrizione a Linkedin, business social, tra i più affermati.

 

Consigli e competenze necessarie a un buon “comunicatore”?

Innanzitutto considerare che non ci muoviamo in un terreno di mera creatività ed estro, ma in un settore stimolante e innovativo che richiede conoscenze tecniche (spesso sottovalutate), capacità di ragionamento analitico, continuo aggiornamento sulle nuove forme di comunicazione, forti doti relazionali che si intende “mettere a frutto” nel lavoro e un temperamento vulcanico.

Fattori quest’ultimi da considerare nella scelta poiché sono connaturati alla professione stessa.

Nella stesura dei testi, accortezza linguistica e tecnica. Non dobbiamo mai dimenticare che la comunicazione e il marketing rappresentano l’immagine dell’azienda, che sia composta da 3 persone o da 1000, non cambia la nostra tipologia di lavoro.