Ho ventiquattro anni/mi sono salvato/condotto al macello/Sono nomi vuoti ed univoci/uomo e animale/amore ed odio/nemico ed amico/oscurità e luce …(“Salvato” di Tadeusz Rozewicz)
Nell’autunno del 1999, un insegnante del Kansas, Norman Conrad, incoraggiò tre studenti a lavorare sul progetto National History Day (La storia della giornata nazionale) con l’intento di oltrepassare i confini scolastici, per arrivare alle famiglie, alla comunità, in una sorta di apprendimento collettivo, in nome del rispetto e della tolleranza, guidato dal motto ” Colui che cambia una persona, cambia il mondo intero”.
Tre liceali accettarono la sfida e presero parte al progetto.
L’insegnante mostrò loro un ritaglio del giornale in cui si citava Irena Sendler e la sua opera di soccorso verso oltre 2500 bambini ebrei nel ghetto di Varsavia, durante il 1942, suggerendo agli studenti che si sarebbe potuto trattare di un errore, poiché era un nome, a lui, totalmente sconosciuto.
Così gli studenti iniziarono la loro ricerca che li portò alla “lista di Irene”.
Irena Sendler, assistente sociale polacca, apparteneva all’associazione clandestina Zeglota. Insieme agli altri membri della rete, andava nel ghetto di Varsavia (indossando la stella di David) per informare genitori e nonni ebrei dello sterminio tedesco, e prendere i bambini per nasconderli all’interno di famiglie polacche, in conventi e orfanotrofi.
Lei e la sua rete redassero una lista con i nomi veri dei bambini, che nascondevano in vasi da giardino, così che un giorno avrebbero potuto dissotterrare i vasi e per comunicare ai bambini, la loro identità.
La Gestapo, la catturò. Fu torturata e condannata a morte, ma la resistenza polacca riuscì a corrompere una guardia della prigione di Pawiak per rilasciarla..
“I bambini erano spaventati, ansiosi; sentivano in modo struggente, la mancanza dei loro genitori, dei loro nonni. Dovevamo loro ricordare “ Non ti chiami Rachele, ma Zosia” per noi era emotivamente pesante, ma per loro uno shock fortissimo”- racconta Sendlerowa
Coloro che la conobbero la definiscono „ umile, sorridente”, sottolineava sempre che da sola non averebbe potuto salvare nessuno.
Gli studenti, ispirati dalla sua figura, scrissero l’opera teatrale Life in Jar (La vita in un vaso) sulla vita di Irena, esibendosi in club e gruppi civici della comunità, del Kansas, per raggiungere successivamente il Nord America e l’ Europa (305 rappresentazioni da allora).
Le ricerche degli studenti portarono alla scoperta che la Sandler fosse ancora viva e abitasse a Varsavia.
Gli studenti, grazie alla diffusione della piéce riuscirono a mobilitare sovvenzioni e supporti per Irena e per gli altri soccorritori.
La loro opera originò una fitta corrispondenza con Irena, dando vita ad riconoscimento universale del suo operato.
Attualmente, Irena Sandler project aiuta insegnanti e studenti a sviluppare progetti multiculturali in tutto il mondo.
La memoria a breve termine non consente di acquisire conoscenze e continuità emotiva e storica. Apprendiamo ad assorbire concetti e porci le domande giuste che ci permetteranno di illuminare la nostra vita.
Al pensiero, seguono le azioni consapevoli. Il contesto facilita, ma è la benevolenza e l’apertura della mente e dello spirito che ci indicano la via.
La scuola, la formazione in senso lato contribuiscono ad illuminare la via.